Trekking Escursionismo

Cima di Bo

Prealpi Biellesi

L’estate sembrava ormai un remoto ricordo, oltretutto offuscato da ben cinque fine settimana di maltempo: quasi non ricordavo più cosa fossero le montagne, oppresso da ritmi lavorativi sempre più intensi e dalla struggente carenza di dimensione verticale, spazi aperti ed aria pura, fredda.

Finalmente, una timida finestra di tempo incerto parve offrirsi sabato 23 ottobre, tra un annuvolamento ed il successivo piovasco inutilmente intervallati da splendide giornate infrasettimanali di sole e cieli tersi.

La Cima di Bo ci era sembrata una meta possibile:

una bella punta di 2.556 metri, una delle più alte e (probabilmente) suggestive delle Prealpi Biellesi, surclassata di pochi metri e di una posizione più defilata dal solo Monte Mars.

C’ero stato nel 2007, per coincidenza proprio il 22 ottobre, impiegando poco più di tre ore e mezza; la proposi dunque ai miei amici, una coppia di affiatati “camminatori” a loro volta in astinenza da montagna.

La partenza avviene usualmente da Montesinaro,

suggestivo paesino posto a 1022 metri di quota e prossimo al più noto Piedicavallo, in alta Valle Cervo. Da qui cominciammo a risalire l’ombroso e verdeggiante vallone del Torrente Chiobbia, tra faggete e betulle, lungo l’ottima mulattiera (poi sentiero) E70. Superammo svariati alpeggi, i più bassi dei quali interamente riattati, anche in assenza della strada, dai proprietari: l’alpe Pianlin e l’alpe Le Piane, a 1313 metri, l’alpe Chiobbia, l’alpe Finestre, fino al fatidico bivio a quota 1851.

Qui occorse lasciare l’E70 per volgere ad oriente, sul nuovo tracciato E74: una lunga salita per poggi erbosi a mezza costa, verso la sempre apparentemente vicina cresta della Cima di Bo, da tempo visibile davanti a noi. Superammo i ruderi del Balmone, a 2177 metri, raggiungendo dopo mezzora circa la soprastante e stupefacente Piazza d’Armi: un grande pianoro di lunghe rocce lisce e levigate, privo di vegetazione…

Perlomeno arborea, visto il fiorire petroso di decine e decine di piccoli e grani ometti, pinnacoli e lastre di pietra, dai più rozzi alle strutture più elaborate e pesanti; verso ovest, tra i vari strati di nebbia, era mutevole ed affascinante la vista sul Nery e sul possente Voghel, sul Corno del Lago e sul Crabun, fino al Mars.

Un breve tratto su roccia, reso delicato dalle lucenti intersezioni di ghiaccio vivo, portava alla cresta:
nel 2007 l’avevo salita in pochi minuti, mentre ora si rivelava particolarmente ostica, tra neve e ghiaccio, con baratri professionali ai due lati – in grado di ridurre ai più miti consigli qualunque sensazione di fretta o urgenza.

Grandi rocce di color grigio scuro, velate di neve, mentre alle spalle un colossale cumulo si adagiava sull’intero massiccio del Rosa e sui Lyskamm; in vetta, il freddo mordeva le mani invogliando i miei amici a raggiungere il sottostante bivacco Padre Mauro Antoniotti, lasciandomi libero di scattare fotografie suggestive al lontanissimo e quasi invisibile Monviso, al Rosa, al lontano Corno Bussola, allo Zerbion, ad una giostra infinita e plumbea di vette ammantate di nebbia e scure come denti di lucido giaietto.

Ne restano ora tante immagini, malinconiche ed un po’ serali, ricordi di una gradita pausa tra il quinto ed il sesto, disarmante weekend di maltempo.

Testo di Marco

www.varasc.it

A proposito dell'autore

Elena

Amo andare in montagna perché casa e ufficio mi stanno stretti. In montagna il sentiero è l'unica via da percorrere, il fiato non si spreca in parole inutili ma bisogna conservarlo e per arrivare in cima basta mettere un passo dietro l'altro. Vado in montagna perché cieli e panorami si fondono e confondono in forme e colori sempre nuovi, come sentimenti che si aggrovigliano inconsciamente come i colori sulla tela su cui dipingo, i pixel sul monitor in ufficio e la luce nell'obiettivo della mia macchina fotografica. Forse è per questo che in quota telefonini e internet funzionano a singhiozzo, è la natura che ti dice: "Lascia il lavoro a valle, stai con gli amici e con chi ami, stai con gli animali, stai con te stesso. Non ti serve nient'altro.

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